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Venezuela #1958 #InLinguaItaliana #ArchivioStoricoItalianiInVenezuela

Per poter dare un'idea esatta di quale sia la situazione in Venezuela è necessario ritornare indietro di vari anni e incominciare analizzare molti fattori di grande importanza. Qualsiasi informazione data per chi non ha vissuto giorno per giorno in contatto con italiani e venezuelani potrebbe essere troppo vaga, o, addirittura, errata. Stiamo assistendo oggi a una ondata di odio che stava culminando in una dimostrazione Popolare contro gli stranieri e, in particolare, contro gli italiani. Tale dimostrazione, grazie all'intervento energico del governo e al buon senso della maggior parte dei venezuelani, è stata scongiurata. L'odio probabilmente continuerà a covare in molti animi.

A che cosa è dovuto tale odio? Le cause bisogna andarle a cercare durante tutto il periodo della dettatura, perché la affondano le loro radici.

Il Venezuela è un paese ricchissimo e, bene amministrato, avrebbe potuto dare grandi possibilità di lavoro sia a nazionali che a stranieri, ma il mal governo o, meglio detto, l'ignoranza completa di governare della dittatura ha portato il paese in un disastro economico è finanziario che probabilmente non riscontra precedenti nella storia. Lo sfruttamento del petrolio ha fatto sì che terre che si stendono a perdita d'occhio rimanessero incolte, che enormi altre ricchezze minerarie rimanessero ancora intatte. Ciecamente si credette che il reddito abbastanza elevato del petrolio potesse far fronte alla crescente manod'opera continuamente in aumento per l'afflusso dei continui contingenti stranieri.

E ciecamente si continuo a incrementare costruzione, che, logicamente, non poteva assorbire tutta la manod'opera disoccupata. Ciò nonostante, si continuò a fare entrare stranieri in larga scala, mettendo in condizioni pietose.

La maggior parte degli italiani che sono venuti in Venezuela erano agricoltori e venivano in Venezuela con l'unico proposito di andare a coltivare la terra, ma appena giunti, hanno dovuto constatare, loro malgrado, che qui l'agricoltura era completamente fuori programma del "Gran Ideal Nacional". Quando questa gente ha visto sfumare il sogno di avere un pezzo di terra, dalla quale poter, In un prossimo futuro, estrarre il frutto del proprio sudore, avendo urgente necessità di lavoro, ha dovuto offrirsi come manovale nelle diverse costruzioni senza chiedere nemmeno quale fosse la sua retribuzione giornaliera e le ore di lavoro prescritte dalla legge.

I contrattisti, per la maggior parte italiani, approfittando de la necessità dei loro compatrioti e difesi da ministri e alte personalità della dittatura, con i quali dividevano i lauti guadagni, incominciarono a vedere nel proprio connazionale un mezzo per potersi arricchire nel più breve tempo possibile.

L' italiano per le sue condizioni di straniero, era l'unico che si adattava come mezzo di sfruttamento, perché, pur potendo, non sapeva reclamare i propri diritti. Così poco poco, si cominciò a eliminare il venezuelano, che quantunque protetto dall'articolo 18 della legge lavoro (75% nazionali e il 25% di stranieri in qualsiasi impresa) doveva cedere il proprio posto all'elemento straniero, per non cadere nelle grinfie della famigerata Seguridad Nacional. Il venezuelano, che teneva le stesse necessità dello straniero, poco a poco, si vide allontanato da tanti lavori, incomincio a pensare che nella sua patria fosse uno straniero, e, quando i figli incominciarono a chiedere il pane e non poteva soddisfarli, tacitamente incomincio a odiare. Non poteva odiare solamente il dittatore, perché egli era la causa, alla quale probabilmente non potevo arrivare, ma dovevo odiare anche lo straniero, quantunque fosse l'effetto, che per lui era la causa immediata. Il venezuelano, per anni ed anni, ha visto erigere edifici con la sola manod'opera straniera, e, pur sapendo che le sue che tutine professionali non gli permettevano essere parte principale nella costruzione dei tanti edifici che vedeva spuntare come funghi nelle sue città, si sarebbe contento di essere un semplice manovale ma anche quello che gli sarebbe stato di grande aiuto per sostentare la famiglia lì era negato. Le imprese si facevano concorrenza nel ridurre sempre più le paghe.

Di questo passo, precipitando sempre più nella miseria, il popolo venezuelano si sentì dire che il 15 dicembre del 1957 ci sarebbe stato un plebiscito, al quale avrebbero preso parte anche gli stranieri che avevano 2 anni di residenza in Venezuela. Per vari giorni ascoltò per radio liste di adesioni alla dettatura compilate da italiani e sentì perfino in lingua italiana la propaganda che esortava a gli italiani a non astenersi dal voto. Quando si vede calpestare anche la sovranità della patria, che era costata tanto sangue e tanti sacrifici ai liberatori, avrebbe voluto esternare l'odio con tutta la ferocia che il caso stesso richiedeva, ma anche Allora ha dovuto reprimere la sua ira. Ci furono isolati casi di protesta di universitari, ma a nulla servì. Giunse il 15 dicembre e il dittatore malgrado l'enorme astensionismo, ottiene più voti di quelli che avrebbero dovuto votare. Un'altro attentato alla dignità del cittadino venezuelano. Il primo gennaio, come è noto, ci fu la rivolta militare in Maracay, che per ragione da me sconosciute fallì. Però (poca Favilla gran fiamma seconda) il fuoco si accese, e fortunatamente per il popolo venezuelano, spunto l'alba Radiosa del 23 gennaio del 1958. Il sole assorbendo con i suoi raggi il sangue sparso per la libertà, incomincio a risplendere anche per Venezuela.
L'euforismo fu tanto grande che fede dimenticare l'odio è il primo giorno di libertà si vice una festa popolare in un giubilo che probabilmente tiene pochi paragoni nella storia.

L'eredità della dettatura fu una dissocupazione generale, sempre nella massa operaia durante la quale, con il lungo andare, incominciarono quei rancori, assopiti ma non completamente morti. Elementi interessati nel crear disordini hanno contribuito nel far rinascere negli animi deboli tali sentimenti che se non frenati a tempo dalla sensatezza della maggior parte dei venezuelani sarebbe arrivato agli estremi. L'attuale situazione, secondo il mio modesto punto di vista, rimarrà statica fino a quando i nuovi piani di lavoro non andranno ad effetto, che, grazie alle enormi risorse del Venezuela, si spera passe molto poco tempo. Il popolo venezuelano dimenticherà tutto quello che ha sofferto e allora soltanto in Venezuela ritornerà un clima di pace dove tutti affratellati continueremo verso il cammino del Progresso e del Benessere, dove i nostri figli incontrandosi si stringeranno la mano da suoi fratelli.

Felice Cirelli (1958).
(nonno di Fayruz D. Cirelli, collaboratrice di IC1).
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